L'India non è una promessa, è solo un richiamo.
Dici Sudafrica e pensi a Madiba, all’Apartheid, alle conquiste per i diritti civili o, più banalmente, ai guai giudiziari di Oscar Pistorius. L’immensa area che a partire dai confini meridionali di Namibia, Botswana, Zimbabwe, Mozambico e Swaziland si sviluppa fino all’estrema punta meridionale del Continente Africano ha molto altro da raccontare.
Tuttavia bisogna attraversare il Sudafrica con occhi pronti a goderne le bellezze, ma anche a sopportarne i contrasti. Un buon modo per iniziare la scoperta è partire da Città del Capo, esattamente come abbiamo fatto noi insieme a Marco Mencaccini di Kanaloa Viaggi. Scegliamo un percorso tutto sommato costiero per raggiungere Port Elizabeth, con una sosta obbligata presso Addo Elephant Park. Come sempre Marco prova in prima persona i percorsi che propone al pubblico e questa soluzione soft è l’ideale per prendere confidenza con un Paese dalle consuetudini tanto diverse dalle nostre, cominciando dalla guida a sinistra. A Città del Capo ritiriamo un Heritage Softail e uno Street Glide presso Amakhaya Lodge, un noleggio piccolo ma ottimamente organizzato che offre anche la possibilità di soggiornare. Siamo ai piedi del Chapman’s Peak, un’altura incredibile che si affaccia a strapiombo su due oceani. La lasciamo alle nostre spalle per dirigerci in direzione opposta, lungo la Route 62. Passiamo attraverso gli sconfinati vigneti che fanno del Sudafrica il settimo produttore di vino al mondo. Questa antica arteria gioca a fare l’americana, puntando sulle somiglianze con la mitica Route 66. Noi, come tanti altri motociclisti che passano di qui, facciamo sosta al Ronnie Sex Shop, un biker bar che pare teletrasportato qui dagli States. La leggenda vuole che la scritta “Sex” sia stata aggiunta a pennello sul muro dagli amici di Ronnie, regalando un’inaspettata popolarità a questo emporio perso nel nulla. Le affinità con gli Stati Uniti non finiscono qui. Città del Capo offre architetture e situazioni che ricordano San Francisco, a patto di non addentrarsi nelle township. Lasciamo la 62 per imboccare la N2, conosciuta nel suo tratto intermedio come Garden Route.
Da Cape Town esploriamo una piccola parte di questo Stato immenso che ha tre capitali e undici lingue ufficiali… È unico al mondo!
Questo il pensiero che aleggia nella mia mente mentre, assieme all’amico Marco Mencaccini, ritiro la ”mia” FLST presso Eagle Rider di Maui e punto la ruotona da 16” verso Hana. Marco è il titolare dell’agenzia di viaggi Kanaloa tramite la quale organizza viaggi in Harley-Davidson attraverso gli States per clienti e amici. Da un po’ di tempo stava insistendo perché qualcuno di noi lo accompagnasse in questo insolito viaggio. In realtà non c’è voluto molto a convincerci; così, dopo aver tirato a sorte, mi ritrovo a scorrazzare per le strade di Maui, di Ohau e della sconfinata e selvaggia Big Island. Provo sensazioni indimenticabili. La necessità di esplorare la maggior parte dei posti di rilievo in soli sette giorni impone ritmi un po’ sostenuti; una faticaccia, ma nulla che non si riesca a sistemare la sera, sorseggiando un Mai Tai o due, mentre il sole si tuffa in mare. Maui è un’isola che offre al visitatore spunti naturalistici imperdibili e condizioni eccezionali per la pratica del windsurf; siamo nel luogo dove questa disciplina viene spinta ai massimi livelli.
Diretti verso Hana, durante il primo giorno di viaggio facciamo sosta presso la famosissima spiaggia di Hookipa; qui sembra di vivere ancora il meglio degli anni 80 nei colori e nello stile di vita spericolato dei surfisti a vela. Trascorriamo ore ammirando le figure che questi spericolati riescono a disegnare su onde altissime con un’attrezzatura così ingombrante. Proseguendo lungo la strada ci immergiamo in una natura rigogliosa, convivono migliaia di varietà botaniche: eucalipti alti come palazzi fanno da cornice al nostro viaggio.


Viaggiando lungo questa magnifica strada che ci accompagna a Port Elizabeth, tra luglio e dicembre, è possibile avvistare otarie, delfini e balene che allattano i piccoli nelle baie. Qui, decisi a non perderci proprio nulla, affrontiamo una deviazione verso Addo. Sono 60 chilometri di sterrato impervio ma praticabile anche con le nostre cruiser; ne vale la pena per un indimenticabile safari fotografico a caccia di elefanti, zebre, giraffe, impala e babbuini. Per un paio di giorni soggiorniamo in un lodge di legno e paglia, condividiamo pasti e orari col personale del parco.
Riprendiamo la strada verso Cape Town facendo sosta a Mossel Bay e Jeffrey’s Bay. Quest’ultima viene considerata a livello internazionale un tempio del surf, è famosa per le onde altissime e perfette chiamate supertubes… Il rientro nella città dove ha sede il parlamento avviene proprio attraverso il Chapman’s Peak, nel punto in cui si abbracciano gli oceani Indiano e Atlantico. A viaggio terminato ci resta l’impressione che questa sia solo la prima tappa di una lunga avventura. Torneremo sulle strade del Sud Africa: è solo questione di tempo